Ogni volta che andiamo ad Arte Fiera, a Bologna, ad attenderci c’è la neve, cosa che rende la visita alla fiera dell’arte più importante che abbiamo in Italia (fatta eccezione per la Biennale di Venezia, gli anni in cui c’è) più romantica. Camminare tra quei corridoi, che se ti giri da una parte trovi un’opera d’arte e se ti giri da quell’altra ne trovi due, e guardare fuori la neve che cade ti fa capire di aver fatto bene a scapicollarti giù dal letto, uscire struccata per il poco tempo a disposizione, arrivare di corsa in Centrale, prendere un Freccia Rotta che costa almeno il doppio di quel che vale, e giungere finalmente a Bologna.
Spiegare il perchè si voglia partecipare a una fiera dell’arte non è semplice e per me non è mai stato razionale fino a ieri, quando ho letto l’articolo di Francesca Bonazzoli sul Corriere della Sera di venerdì scorso. Il pezzo spiega quanto l’arte, pur rimanendo in quella nicchia di esclusività che sembra esserle dovuta, ha bisogno di gente, quella normale e non quella che se la può permettere, che ne parli. E per far parlare di sè si apre al pubblico (facendo pagare un biglietto da 20 euro, ma comunque pur sempre si apre al pubblico) che la vive a modo suo, nei tempi che sono quelli di una fiera già assimilati in altre occasioni, ben più grezze, e che rimacina a suon di condivisioni sui social network e sul web, esattamente come sto facendo io.
L’arte ha bisogno di me perchè si parli di lei, e io ho bisogno di lei per avere un argomento ‘alto’ di cui parlare e scrivere.
Qui di seguito una breve testimonianza fotografica di quanto mi è piaciuto.