Qualche mese fa mi è stata regalata la macchina Nescafé Dolce Gusto che vedi qui sotto. Se associ la parola Nescafè al caffè solubile ti capisco perché lo faccio anch’io. Questa però è una macchina che consente di produrre una serie di bevande che provengono dalle capsule in dotazione e in vendita nei supermercati e nei rivenditori autorizzati. E’ una sorta di pozzo multibevanda: dal caffè al caramello al cappuccino, passando dal Tea Latte fino al Chococino sono 35 le bevande che puoi prepararti con la Jovia, il modello, tra i sette disponibili, che è capitato a me.
E’ stato immediato, dopo aver letto Nescafè, ricordarmi di quanto, per almeno 7 anni, la mia unica idea di caffè sia stata quella in tazza grande e rossa. Nella casa con i muri colorati la moka ce la siamo dimenticata in fretta: in dispensa c’erano solo barattoli di caffè solubile (credo di averli provati praticamente tutti) e prima sul fornello, poi nel bollitore c’era sempre dell’acqua a scaldarsi.
L’espresso era rilegato alla (seconda) colazione la mattina al bar sotto casa o al massimo in ufficio (ma era quello delle macchinette quindi secondo me non vale) ed era diventato quasi esotico. Da quando la casa sulla ferrovia (che è poi anche quella coi muri colorati, i CD e i puzzle al muro) l’ho lasciata, ho cambiato anche abitudini: non ho più comprato caffè solubile e non mi sono più seduta scalza e infreddolita su una sedia di legno ad aspettare che qualcuno mi facesse, con zucchero, acqua e un po’ di caffè quella cremina che sarebbe rimasta in ‘cima’ a quel che chiamavamo beverone.
Nella casa con i muri colorati ho lasciato anche la mia collezione di tazze rosse che, all’epoca, mi faceva sentire un po’ Veronica Mars (perché poi non lo so).
Oggi, in vena di ricordi, mi chiedo se quelle sei tazze ci siano ancora o se siano state sostituite perché si sono rotte o forse, più semplicemente, perché erano mie.