The Coloured Sauce

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5 cose che ho imparato (finora) dalla gravidanza

Agosto 27, 2019

1) Devi stare sul pezzo come mai hai fatto

La prima volta che ho messo piede al Buzzi, l’ospedale dove partorirò, partecipavo al briefing (ebbene sì) del bi-test (o translucenza nucale), un esame che viene effettuato entro il primo trimestre di gravidanza per valutare eventuali rischi di anomalie cromosomiche. Insieme a me altre 30 gravide, chi alla prima, chi alla seconda (o più) gravidanza. Tra queste ultime spiccava una donna, munita di cartelletta porta-documenti con le impegnative per tutti gli esami/visite mediche previste dall’inizio alla fine della gravidanza. Terminato il briefing, ha detto, sarebbe andata a prenotarle tutte.

Inutile dire che tra me e me (e non solo) l’ho presa in giro, dandole dell’ansiosa. Allora ancora non sapevo che ad avere ragione era lei: una delle (prime) cose che scopri quando sei incinta è che verrai spesso colta impreparata.

Per esempio: devi fare un vaccino entro la 38° settimana? Sappi che prenotarlo quando sei alla 30° – come ho fatto io – è probabile che possa esporti al pubblico ludibrio di tutti i centri vaccinali (di Milano): “Doveva svegliarsi prima (testuali parole), non c’è posto fino alla fine di ottobre”; “Perché chiama così sotto data? Avrebbe dovuto telefonare mesi fa!” e via dicendo.

Oppure: sai che in gravidanza per la maggior parte degli esami che ti vengono prescritti hai diritto all’esenzione totale? Ecco: io, ovviamente, no. Ed è così che tra un medico di base incapace di prepararmi le impegnative comme il faut (su dieci, cinque non indicavano l’esenzione) e il centro convenzionato con il SSN – l’Istituto Auxologico – che solo una volta su cinque (l’ultima) mi ha fatto notare che le impegnative erano mal formulate, ho pagato dei ticket non dovuti.

A nulla è valsa la lamentela formale inoltrata all’Ufficio Relazioni con il Pubblico dell’Auxologico: mi hanno risposto cortesemente, rimandando però la questione al mittente. A occuparmi delle mie esenzioni dovevo essere io, non loro. Che dire? È vero. Solo che incinta io ci sono ora per la prima volta e nel magico mondo che vorrei sarebbe bello pensare – quando stai sbagliando – di avere qualche suggerimento da chi si accorge del tuo errore. Invece no: sono sempre (e solo) fatti tuoi e chi può lucrare anche dove non dovrebbe, non temere, lo farà sicuramente.

2) La felicità – non – è una cosa semplice 

In aprile, ricevuti i rassicuranti esiti del bi-test ho dato l’annuncio ad amiche e amici: ero molto felice (lo sono tuttora, eh), quasi incredula del fatto che a pochi mesi dal mio 38° compleanno mi stava capitando qualcosa di davvero lontano dalla vita che avevo vissuto fino ad allora. Per quanto sia stata una gravidanza voluta, cercata e arrivata in fretta, quando l’ho scoperta la sensazione è stata un mix tra il miracoloso e il WTF (sensazione, peraltro, che mi accompagna e mi ha accompagnato in varie fasi della mia esistenza, quindi nulla di nuovo).

Comunque, dicevo, a metà aprile ho tolto l’embargo e, telefono alla mano, ho comunicato la notizia: tra amiche che piangevano di gioia, amici che urlavano di felicità e altri che hanno espresso con partecipazione, ma in modo moderato, la loro gioia, non sono mancati i bastian contrario che alla fase di incredulità non hanno far saputo seguire quella di felicità (per me). Si contano sulle dita di una mano – e ne avanzano – ma sono bastati per farmi riflettere, ancora una volta, su come sia più semplice sentirsi capiti quando si è tristi e non quando, invece, si è felici.

Una cosa positiva della gravidanza, però, è che – se la vivi bene e di problemi non ne hai – è in grado di assorbirti positivamente le energie mentali: il “rifiuto” di questi “amici” è quindi ormai un ricordo, non bello è vero, ma comunque passato. A tutti gli altri, invece, devo sorrisi, gratitudine e gentilezza per tanto e tanto tempo: contribuiscono a rendere questo periodo speciale e a farmi sentire amata e anche molto bella (cosa che non guasta, quando il tuo corpo è sempre più simile a quello del Gabibbo).

3) La pancia fa attaccare bottone

Appartengo a quella categoria di gravide che non vengono ammorbate da troppi consigli non richiesti e/o che non sono costrette ad ascoltare racconti splatter su gravidanze e parti della “moglie del cugino di secondo grado di mia cognata”. Ho scelto con cura le persone alle quali chiedere consigli (sono poche e alle quali chiedo ben poco), ho deciso di non leggere libri sulla gravidanza, di informarmi quel che basta e di frequentare il meno possibile altre donne incinte.

Del resto il mio ginecologo, medico molto pratico, orientato a rendere le cose semplici e togliere dal tavolo qualsiasi tipo di ansia, sul tema è stato molto chiaro fin da subito: “non parli con altre gravide: siete brave solo ad alimentarvi le paranoie. Frequenti le sue amiche single o quelle che di figli non ne vogliono neanche a pagarle: continui a fare la sua vita, non pretenda di prendere una laurea in ostetricia in 9 mesi e si goda il momento”.

È però vero che la pancia fa attaccare bottone: in metro mi cedono tutti il posto (grazie amici!), spesso mi viene chiesto a che punto sono, se è maschio o femmina, ecc. e c’è anche chi, per strada, mi fa gli auguri/le congratulazioni senza neanche conoscermi. La prova che il mondo che vorrei – gravidanza a parte – potrebbe esistere davvero, se solo lo volessimo un po’ di più.

4) Il termometro della gravida è settato qualche grado più in su di quello degli altri

Persona a caso: “Quando hai il termine?”
Raffa: “Verso la fine di ottobre!”
Persona a caso: “Ah… quindi ti fai l’estate col pancione? Beh, auguri!”

Questo il dialogo medio a cui mi è capitato di prendere parte – più e più volte – tra maggio e giugno. Alla fine sorridevo sempre, una sorta di “ma cosa vuoi?” velenosissimo pensando che l’estate è estate, il caldo è caldo e che se sono sopravvissuta a tre estati consecutive tra il Caribe e il Sud Est Asiatico resistere un paio di mesi umidi e afosi tra Milano e le Marche sarebbe stata una passeggiata di salute.

Sbagliato. Erratissimo. Molta leggerezza da parte mia, ebbene sì.

Ogni giorno, da quasi 3 mesi, pronuncio una quantità indefinita di volte la frase “Che caldo!” spesso anche nelle sue varianti “Che cazzo di caldo”; “Ma che caldo c’è?!”; “Ho troppo caldo”; “Non ho mai avuto così caldo nella mia vita”; “Perché fa così caldo?!” e così via. Ho sudato così tanto che il mio corpo si è sicuramente liberato di tossine vecchie di anni. Ho sviluppato una passione viscerale per l’aria condizionata, non ho assolutamente idea di che forma abbia un maglioncino o una felpa, ho avuto il coraggio di presentarmi in ufficio con lo chignon (non legavo i capelli in città dalla tenera età di 10 anni) e anche se sono piena zeppa di cellulite appena posso scoprirmi un po’ di più lo faccio senza remora alcuna.

Sappi che se per te/il resto del mondo/meteo.it e l’app meteo dell’iPhone ci sono 30 gradi, per me ce ne sono almeno 35 – percepiti circa 45.

Quindi, sì: la prossima (??!!) gravidanza magari in inverno, grazie.

5) Esistono nuovi mirabolanti modi per spendere soldi

Macché cultura, social media management e marketing digitale! Nella prossima vita sarò magnate di una qualsiasi industria di accessori neonatali: vestiti, passeggini, ammennicoli per camerette, mobili, whatever. L’importante è che il target sia compreso tra gli 0 e i 3 anni, quel periodo di tempo in cui non è (ancora) il bambino a poter esprimere una preferenza, ma il genitore a cedere alle pressioni di un marketing di cui è conscio (come nel mio caso), ma al quale non riesce a resistere.

Ma li hai mai visti i meravigliosi, pucciosi e morbidissimi (superflui) tappeti per le camere dei neonati? E quelle mensole profonde 4 cm sulle quali non puoi quindi appoggiare nulla, ma che hanno queste irresistibili forme di nuvolette/unicorni/coniglietti/non lo so? E che dire di quelle (inutili) sneaker Nike/Adidas/Vans/ecc. numero 8? Vuoi non comprarle alla tua bambina?

Ho passato il weekend a lavare i vestiti che ho acquistato per una bambina che non è ancora nata, a rendermi conto che ho già superato il limite e a pensare, un minuto più tardi, che le mancano ancora un sacco di cose e che quegli scomodissimi jeans taglia 3 mesi che probabilmente non le metterò mai, li devo andare assolutamente a comprare.

Piccola A. ti si aspetta, ma non avere fretta ché mancano ancora due mesi e io non ho ancora scelto quale inutile e pacchiano lampadario far appendere al tuo papà in quella che sarà la tua cameretta ;).

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Categoria: Off topic, Ultime Notizie Tag: gravidanza, laraffa

Chi sono

Mi chiamo Raffaella Amoroso, vivo e lavoro a Milano dove mi occupo di digital marketing come freelance.

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