Oggi, 23 aprile, è la Giornata Mondiale del Libro.
Spiegare a chi non ama leggere perché si ama leggere è impossibile. Il limite non è chi non legge, ma in chi legge. È un po’ come spiegare una sensazione: sei sicuro di riuscire a farlo davvero? Quando ti trovi a dover descrivere un’emozione, tipo l’imbarazzo, la serenità o la rabbia, l’unico modo in cui riesci a farlo è riportare tutto a una condizione fisica. Quando sei felice ti senti leggero, quando sei arrabbiato ti senti carico come se il tuo corpo fosse pronto a esplodere e quando sei imbarazzato ti senti piccolo, come se chiunque potesse schiacciarti.
Io ho sempre amato leggere, ho sempre trovato nei libri quel che mi serviva per sentirmi nel posto giusto. Non importa quale sia la mia condizione emotiva, quale la mia situazione ‘pratica’: se ho un libro in mano so che sto facendo la cosa giusta. Per me, intendo.
Ti racconto una storia che poi non è una vera storia, ma è quello che gli altri percepiscono quando mi vedono leggere e che riassume il mio piacere nei confronti della lettura.
Fino a un paio di anni fa passavo la mia estate all’Elba, su una spiaggetta molto piccola, ma molto frequentata. Il target dei villeggianti era composto più che altro da famiglie con bimbi piccoli e adolescenti. Le coppie con figli le riconoscevi perché stendevano l’asciugamo sulla sabbia (che poi la sabbia non c’era, ma tanto per farti capire) e poi passavano la maggior parte del loro tempo in piedi, con la mano tesa sopra gli occhi per controllare che fine avessero fatto i figli e per controllare che non si uccidessero in qualche modo. La parte restante della loro permanenza in spiaggia veniva equamente divisa tra chiacchiere varie, gelato a metà pomeriggio e birretta pre cena.
Gli adolescenti, beh gli adolescenti passavano il loro tempo a fare… gli adolescenti. Musica nelle orecchie, tutti ammassati su due asciugamani che l’effetto stalla non è mai abbastanza quando hai 16 anni, bagni in mare accompagnati da urletti di gioia ed eccitazioni, scherzi di dubbio gusto e tante risate (e tanta invidia, la mia).
Poi c’ero io, qualche asciugamano più in là, spalmata di crema, posa da lettura (ovvero su un fianco, con il libro appoggiato e il braccio a sostenermi) e atteggiamento serafico. Nei 4 anni che ho passato lì la cosa che mi sono sentita dire più spesso è stata “È bellissimo vederti leggere: emani una tranquillità e una pace che se potessi pagherei per averle“.
Ecco: #ioleggoperché quando lo faccio mi sento in pace anche quando ciò che leggo mi provoca pensieri ed emozioni che tutto hanno a che fare ma non con la tranquillità. Perché se quelle sensazioni le sperimenti, anche attraverso un libro, allora sì che sei libero.