Posto che amo molto uscire e che passo tanto tempo fuori di casa, sono anche una grande appassionata del divano di casa, postazione dalla quale potermi godere da sola (ma anche no) serie TV e film.
Sono utente Netflix da quando è arrivato in Italia, abbonata SKY da poco meno di un anno ed essendo cliente Amazon Prime ho anche Amazon Prime Video che, lo ammetto, non ho mai utilizzato. Se quindi hai consigli in merito a cosa guardare lì sopra, sono i benvenuti.
Qui di seguito ho fatto un elenco, non cronologico, delle serie TV che ho guardato nel corso del 2018: ho deliberatamente lasciato fuori quelle che ho iniziato e non finito (Patrick Melrose e A very English Scandal su tutte).
The Resident (Stagione 1 e sto guardando stagione 2)
Orfana di The Good Wife, che credo che sia tra le mie tre serie preferite di sempre, quando ho saputo che Matt Czuchry (il fu Cary Agos) avrebbe interpretato una nuova serie nelle vesti del protagonista, mi sono quasi commossa. Dimentichiamoci l’impianto narrativo di The Good Wife e pure quello di Grey’s Anatomy: le storie che si dipanano dei corridoi del Chastain Park, l’ospedale dove Conrad Hawkins è specializzando internista, sono abbastanza semplici e i colpi di scena piuttosto prevedibili. Ma non importa: la storia è godibilissima, c’è quel tanto di “medical drama” che soddisfa le menti e gli animi di noi ipocondriaci romantici.
Finita la prima stagione, sto guardando la seconda, su Fox Life.
Grey’s Anatomy (stagione 14 e iniziato la 15)
Sono passati 12 anni da “Prendi me, scegli me, ama me” e altrettanti da quando guardavo le puntate di Grey’s Anatomy dal computer che stava all’ingresso della mia prima casa milanese piangendo lacrime che non sapevo di avere. Bene, sono passati più di 10 anni, appunto, eppure il fascino che questa serie ha su di me non cenna a placarsi. Riesco ancora a praticare la sospensione dell’incredulità e a immergermi completamente nei drammi quasi fossero i miei.
Devo ammettere che al termine della 14° stagione mi sono chiesta cosa Shonda (Rhimes, produttrice di questa e tante altre serie TV, da Scandal a Le regole del delitto perfetto per dirne due) si sarebbe mai potuta inventare per la 15°. Beh, la sto guardando proprio in questi giorni (seguo pedissequamente la programmazione su SKY) e devo dire che non sono per niente delusa. Ma proprio per niente.
Scandal
Fan di Olivia Pope, parliamoci. Lo sono stata anche io, almeno fino alla quarta stagione. Poi la mangiatrice compulsiva di pop corn annaffiati da costosissimo vino rosso (come fa a rimanere così magra mangiando così male?) ha iniziato a starmi profondamente sulle palle. Tanto da rivalutare quel formaggione di Fitz. E da stimare profondamente Ely Pope, almeno per la sua coerenza e la sua ritrovata pace.
Così, con molta fatica e un pizzico di dispiacere, sono arrivata alla fine di Scandal, una serie che ho amato molto, ma che avrei preferito prendesse una piega diversa.
Le regole del delitto perfetto (2 e 3)
Sharp Objects
Qui c’è una Amy Adams in odor di santità attoriale. La serie è scritta benissimo, gli interpreti sono tutti bravissimi, ma lei è decisamente superlativa. Se l’hai amata in Animali notturni, qui la adorerai. La serie si consuma (purtroppo) in una sola stagione (hanno già confermato che non ne verrà prodotta una seconda) e ben condensa disagio, disadattamento, angoscia e fastidio. Ogniqualvolta ti sembrerà di avere a disposizione una bolla di ossigeno, la scena successiva te lo toglierà.
Non è possibile raccontare molto senza spoilerare: ti basti sapere che il binge watching è garantito.
La trovi on demand (Box Sets) su SKY.
Big Little Lies
Lo scorso inverno, da neo abbonata, è stata la prima serie che ho guardato su SKY. Bello tutto. Bravi tutti. Standing ovation a chi l’ha scritta, a chi l’ha diretta, a chi ha scelto la colonna sonora e a chi l’ha interpretata. Felicissima che ci sarà una seconda stagione, la prima mi è rimasta “appiccicata” addosso per tanto tempo dopo averla finita: Big Little Lies è uno di quei prodotti culturali che io chiamo pervasivi.
Narra le storie quotidiane, apparentemente “perfette”, di un gruppo di amiche (età tra i 35 e 50 anni) che vive a Monterey: in una sorta di domino degli eventi, verranno a galla segreti e bugie.
La trovi su Box Sets di SKY in attesa che vada in onda la seconda stagione (rumors dicono la prossima primavera).
Ozark (1° e 2° Stagione)
Fosse stato per il titolo non l’avrei mai neanche iniziata, ma su consiglio di una mia cara amica mi sono buttata nel mondo di Ozark, un paesino che dà il nome anche all’omonimo lago. Ci troviamo negli Stati Uniti e la storia è quella di un apparente tranquillo revisore dei conti che, per una serie di fortuite (o no?) circostanze, si trova a dover condurre un’esistenza tutt’altro che lineare.
Nonostante mi sia spesso chiesta cos’altro sarebbe dovuto succedere alla famiglia Byrde per far proseguire la trama, la serie non è niente male. Aspetto la terza stagione, su Netflix.
Manhunt – Unabomber
Se cerchi una serie scritta bene, auto-conclusiva (esiste una sola stagione e non ne verranno prodotte altre), l’hai trovata. Narra la vera storia di Unabomber, ossia Theodore John “Ted” Kaczynski, che dalla fine degli anni 70 e fino alla metà dei ’90 seminò il terrore in tutti gli Stati Uniti con i suoi pacchi-bomba.
La storia qui è ovviamente romanzata, ma solo quel che basta per toglierla dal regno del docu-film e restituirla, appunto, a quella delle serie TV. È appassionante quanto può esserlo una storia che sai già come andrà a finire, ma della quale, forse, non conoscevi alcuni alcuni risvolti, dalle motivazioni dei gesti compiuti, al background esistenziali di chi li ha concretizzati.
La trovi su Netflix.
Suits (6° stagione)
La mia storia con Suits è di lunga data. A spizzichi e bocconi lo sto guardando dal 2016 e questa primavera ho finalmente terminato la sesta stagione (su Netflix). Devo ammettere che il mio (forte) debole per Harvey Specter falsa forse un po’ tutto il giudizio sulla serie.
L’impianto narrativo non è eccezionale o forse ormai ne abbiamo viste così tante di storie con gli avvocati (The Good Wife mi manchi!) che un po’ sappiamo sempre già come andranno a finire. Ecco, non mi sto strappando i capelli per avere accesso alla settima stagione, ma sicuramente la guarderò. Peraltro c’è anche l’ottava quindi la mia liason con gli avvocati più sexy di tutta NYC non avrà vita breve.
La trovi su Netflix (fino alla sesta stagione).
Il Miracolo
Le serie nostrane che mi piacciono/mi sono piaciute si possono contare sulle dita di una mano. Tra le mie preferite c’è Suburra (guardata su Netflix alla fine del 2017, motivo per il quale non rientra in questa lista), seguita a breve distanza da Il Miracolo.
Se n’è fatto un gran parlare quindi saprai che è stata scritta da Niccolò Ammaniti: è tutto fuorché poco originale. Niente va come ti saresti aspettato. Ai protagonisti non sai se voler bene o se trovarli altamente disturbanti. È anch’essa una serie “pervasiva” che tende a non lasciarti andare, anche dopo aver finito di guardarla.
Credo tu possa trovarla (ancora) on demand su SKY.
Bull
Esistono quelle serie che io chiamo semplicemente “rassicuranti“. Sono quelle delle quali non ho bisogno di guardare tutte le puntate e tantomeno di farlo in ordine. Rientrano in questo calderone prodotti come Law & Order, Criminal Minds, tutti i vari CSI e così via. Hanno il pregio – ed è proprio questo che le rende rassicuranti – di essere composte da puntate che seguono una linea narrativa verticale (la storia “principale” raccontata nella puntata inizia e finisce nella puntata stessa) e che sono collegate l’una all’altra da un impianto narrativo di secondaria importanza e che solitamente poco influenza l’andamento del plot della puntata.
A far parte di questa categoria ora c’è anche Bull, la nuova serie che ha come protagonista Michael Weatherly (già Anthony di Nozzo in NCIS): veste i panni del titolare di un’agenzia di consulenze legali che unisce scienza e studio del comportamento per la risoluzione dei casi (se hai amato Lie to me e The Mentalist ci ritroverai punti in comune). Ne guardo qualche puntata ogni tanto, quando ho bisogno di pensare poco e non ho voglia di impegnarmi in nulla di più complicato.
Non si fa ricordare né per la sua struttura narrativa, né per i suoi personaggi, ma non sta scritto da nessuna parte che si debbano sempre e per forza guardare dei capolavori.
La trovi su SKY e su RaiPlay.
Tin Star
Niccolò, con il quale ho guardato la prima stagione di Tin Star, mi ha candidamente detto che la seconda me la posso anche guardare da sola. Lui, la serie che ha come protagonista il mio amatissimo Tim Roth (ma quanto è adorabile quando piega la testa di lato?), l’ha vissuta come un ammasso informe di assurdità.
Che dire? Dargli del tutto torto sarebbe sbagliato, ma dargli ragione al 100%… anche. La verità è che spero ci possa essere una lettura più profonda di quel che la storia racconta, una sorta di testo nel testo come è successo con Lost (serie che ho amato alla follia e della quale ho letto anche il godibilissimo “La filosofia di Lost“). Ci sto pensando da quando l’abbiamo finita, ormai qualche giorno fa, e spero di trovare il bandolo della matassa, in attesa che arrivi su SKY Atlantic anche la seconda stagione.
Piccola nota: i paesaggi di questa serie, ambientata in Canada – zona Montagne Rocciose, sono da togliere il fiato.
Le regole del delitto perfetto (3° e 4° Stagione)
Esiste una serie più perversa di questa? Forse no. Siamo tutti concordi nel considerare Shonda Rhimes un genio? Direi di sì. Annalise Keating è una donna per la quale non puoi che provare un misto di compassione e rabbia profonda e lo stesso si può dire di qualsiasi altro personaggio della serie, nessuno escluso. Tutti si macchiano di qualcosa, chiunque a un certo punto compie un passo falso, non c’è anima priva di cattiveria, seppur successivamente penitente.
Il legame che si instaura con la visione di questa serie è morboso: non può esserci qualcosa che ti piaccia, davvero. Dal fatto che si muovano quasi sempre tutti nel buio (se ci pensi delle rare scene alla luce del sole la maggior parte sono quelle girate per il crossover con Scandal – a mio avviso evitabile visto che nessuna delle due serie ci ha effettivamente guadagnato a livello narrativo), ai torti che tutti continuano a farsi, fino ai segreti che spuntano come l’erba cattiva.
Detto questo non vedo l’ora che esca la quinta stagione. Trovi le prime due stagioni su Netflix e le altre su SKY.
The Leftovers (1°, 2° e 3° Stagione)
Non so se ringraziare o maledire SKY che ha lasciato a disposizione su Box Sets le tre stagioni di The Leftovers, una serie assurda, con grandissime potenzialità poi andate a scemare nel corso della narrazione. Bellissima la prima stagione, noiosa la seconda, inutile e deludente la terza. Un applauso va agli addominali del protagonista (che è questo qui sotto) e se nel passato sei stato fan de Il Giudice Amy, sarai felice di ritrovare Amy Brenneman, che neanche a questo giro, però, riesce a interpretare un personaggio felice.
Dark
Orfana di Stranger Things, ho trovato un po’ di conforto in Dark, serie tedesca tra il drammatico, il thriller e la fantascienza. Non facile da capire, tantomeno da seguire, è estremamente affascinante. C’è disagio, c’è mistero, c’è voglia di capire e riportare tutto a un ordine che, evidentemente, non è più affare di chi vive un’esperienza contemporanea.
Attendo la seconda stagione (non è possibile rimanere in sospeso così per così tanto tempo), su Netflix.
La casa di carta (1° e 2° Stagione)
Un vero e proprio fenomeno di culto che non è possibile non guardare. Diversamente da molti altri non ho amato la figura del Professore, ma ho empatizzato moltissimo con Raquel Murillo, l’ispettore di polizia che si occupa del caso che tiene banco per due intere stagioni, ossia l’occupazione criminale della zecca di Stato in Spagna.
A me che sono fan delle serie made in USA, questo prodotto ha fatto completamente dimenticare che sia stato prodotto in Europa, in Spagna nello specifico. Non mi è ben chiaro cosa abbia da raccontarci la terza stagione, che pare essere in produzione, ma molto curiosa di capire cosa accadrà a tutta la banda.