Da quando ho iniziato a interessarmi, non così tanto e non come vorrei, di arte ho imparato a immaginarmela come un gran pentolone all’interno del quale chiunque può buttarci dentro qualcosa. Che tu sia Maurizio Cattelan, che tu sia un paesaggista locale o che tu sia un artista in erba strasperimentale e assolutamente non compreso, chi mai potrà dirti che non stai facendo arte?
L’arte è difficilmente definibile e, OK, va bene così. In un terreno sul quale chiunque almeno una volta ha detto la sua (“Mica sarà arte ‘sta roba qui?” – “Bellissimo, un artista così non si vedeva dai tempi di vattelapesca..”) ognuno ha la libertà di esprimere la propria preferenza, proprio come se quel terreno fosse ancora vergine e incontaminato.
Sulla pagina Facebook di restOpolis (che curo) il martedì ho inaugurato una sorta di rubrica dedicata ad arte e cibo: tantissimi sono gli artisti che, infatti, usano il cibo come contenuto delle loro opere o come punto di partenza per sperimentare nuovi linguaggi. A me queste opere piacciono, non mi spaventano e mi fanno rilassare quando le guardo. Voi cosa ne pensate?