Ci sono cose che ho smesso di fare ripetutamente, come invece mi capitava prima. Tipo leggere tanto, per esempio. Che se escludiamo la vacanza cubana (ti cui ti ho parlato qui) durante la quale di libri me ne sono divorati 4 (L’amore è eterno finché non risponde di Ester Viola, A volte ritorno di John Niven, La simmetria dei desideri di Eshkol Nevo e Fabian e il caos di Pedro Gutierrez), non è che il 2016 abbia brillato per pagine girate o Kindle acceso a tarda notte. Sto recuperando nelle ultime settimane, portando avanti 3 letture parallele (Al giardino ancora non l’ho detto di Pia Pera – acquistato solo perché incluso in un’offerta lampo di Amazon; Storia del nuovo cognome di Elena Ferrante e L’ignoranza di Milan Kundera, forse uno dei libri più belli letti negli ultimi 3 anni).
Ho anche smesso di andare a mostre, vernissage e opening vari senza cognizione di causa. Un po’ mi dispiace, un po’ no ché questa involontaria selezione mi permette di ricordare e assaporare meglio ciò che guardo, osservo e visito.
Lo scorso 30 novembre, per esempio, invitata da Segafredo che ne è lo sponsor principale sono stata a Treviso (tra parentesi – appunto: benché l’abbia scorta solo dal taxi, sembra una cittadina deliziosa, da mettere nella to visit list dei prossimi mesi) per ‘Storie dell’Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Gauguin‘, la mostra curata da Marco Goldin che espone 140 opere, suddivise in 6 ‘capitoli’, facenti capo, appunto, al periodo dell’Impressionismo (quindi dalla metà dell’Ottocento ai primi anni del secolo successivo).
Le sei sezioni della mostra, di matrice tematica, servono per catalogare in qualche modo i soggetti che i pittori dell’epoca, da Van Gogh a Monet, da Gauguin a Cézanne, erano soliti mettere su tela. Qui è tutto spiegato meglio di quanto possa fare io.
Un quadro, più di altri, mi ha affascinata, facendomi sentire il profumo della neve e alimentandomi una gran voglia di vederla.
‘La casa di Piette a Montfoucault’ (Pissarro): il quadro che meglio esprime il mio bisogno attuale, quello di neve ❄️ #Segafredo4Art pic.twitter.com/uK1VUWB6FI
— Raffaella Amoroso (@raffaellamoroso) November 30, 2016
Tra i quadri esposti Marco Goldin ha inserito anche qualche incisione a colori su legno di Hiroshige e Hokusai, per sondare il tema dell’influenza della cultura giapponese sugli impressionisti. Così, esattamente una settimana dopo, il 7 dicembre, sono stata a Milano a Palazzo Reale, per la mostra #FollowTheWave che, riprendendo la celebra opera di Hokusai ‘La grande onda’, espone oltre 200 silografie a opera di Hiroshige, Hokusai e Utamaro, tre dei più famosi artisti giapponesi vissuti a cavallo tra il 1700 e il 1800.
Le opere sono davvero tante (posso dire forse troppe?) e a guardarle tutte, osservare i minuziosi dettagli che gli artisti non hanno mancato di inserire è sicuramente molto affascinante. Mai quanto però il video che spiega per filo e per segno come funziona la silografia, metodo di incisione che permette la serialità dell’opera, senza per questo essere industriale.
Qui di seguito le info su entrambe le mostre:
Storie dell’Impressionismo. I grandi protagonisti da Monet a Renoir, da Van Gogh a Gauguin
Treviso, Museo di Santa Caterina
Dal 29 ottobre 2016 al 17 aprile 2017
Info qui
Hokusai, Hiroshige, Utamaro
Milano, Palazzo Reale
Dal 22 settembre 2016 al 29 gennaio 2017
www.hokusaimilano.it