Delle volte mi piace dire alle genti con cui parlo che arriverà sempre un giorno (e spesso sarà più d’uno) in cui, per un motivo o per l’altro, si ritroveranno a doversi guardare indietro, mettere insieme i pezzi e capire cosa hanno fatto. O cosa non hanno fatto.
In questo strano inizio del mese di marzo 2016 mi trovo esattamente in quella situazione di cui tanto spesso ho ventilato l’ipotesi ad altri. Diversamente dal solito, o perlomeno da quel che sei abituato a leggere qui sopra, è il lavoro il perno su cui tutto sta girando. Che poi nel lavoro ci sia io, esattamente quella che sono, niente di più e niente di meno di quella con cui potresti prendere un caffè, fare una vacanza o bere un bicchiere di vino beh, è ovvio, non è per niente secondario. Anzi.
Così, complici le mie amiche che mi sono state accanto nelle mille vite che ho vissuto e che hanno assistito a miglioramenti che si pensavano impossibili, a ricadute rovinose e a recuperi sul rotto della cuffia, ho cercato di mettere in fila tutto quello che ho combinato da quando il lavoro ha fatto prepotentemente ingresso nella mia vita.
Ho 34 anni e da 10 faccio (più o meno) il lavoro che svolgo tuttora. Ma a lavorare ho iniziato che di anni ne avevo 19 anni. Tutto è cominciato così:
- nell’estate della Maturità mio papà mi aveva trovato un lavoro come cassiera in un negozio di elettrodomestici: sono durata una mattina, poi non mi sono più presentata. Non mi piaceva l’ambiente e non sopportavo di essere trattata come una minorata mentale. Tornassi indietro terrei duro, ma del senno di poi sono piene le fosse, si dice;
- a 19 anni, quindi l’anno successivo, ho coperto una maternità in un ufficio di intermediazione finanziaria (facevo la segreteria), ho iniziato a lavorare alla Coin come commessa tutti i weekend e sono stata una delle rilevatrici del censimento (ne avevo parlato già qui);
- a 21 ho fatto uno stage a MTV dove mi occupavo del gobbo elettronico: una delle esperienze più felici, a livello umano, che io abbia mai fatto. Intanto continuavo a lavorare alla Coin nei weekend, studiavo di notte e stavo benissimo;
- finito lo stage ho iniziato a lavorare a MTV facendo esattamente la stessa cosa: ci andavo dal lunedì al sabato e la domenica andavo in Coin. Non mi ero ancora laureta e nei ritagli di tempo studiavo;
- intanto mi iscrivevo a un corso serale di produzione cine-televisiva: quindi a 22 lavoravo a MTV a chiamata, mi laureavo, andavo al corso di produzione e la domenica via di Coin. Per due settimane ho anche preso un lavoro come segretaria di edizione per un programma TV;
- nel frattempo mi trasferivo a Milano con il mio fidanzato di allora, i miei chiudevano i rubinetti (come si dice) e quindi lavoravo durante la settimana all’Eurisko (facevo i sondaggi telefonici) e il sabato e la domenica tornavo a Como per fare i turni in Coin;
- alla fine dell’estate del 2004 trovavo un altro impiego, che arrivava da MTV, e per un anno e mezzo ho lavorato in un’agenzia di trucco e parrucco per la TV. Sono anni che mi dico che l’esperienza che ho fatto lì vale la pena di un post dedicato e non ho ancora avuto il coraggio di scriverlo, ma lo farò;
- nel frattempo studiavo per la laurea specialistica e continuavo a fare i turni nel weekend alla Coin di Como per arrotondare che l’Università da sola non si pagava;
- nel marzo del 2006, avevo 24 anni, un mio carissimo amico mi chiama e mi chiede se voglio provare a imparare un lavoro, quello dell’ufficio stampa e della comunicazione aziendale nella sua startup che ha sede a Boston e, da poco, anche a Milano. Avevo già mollato il lavoro nell’agenzia di trucco e parrucco, anche se continuavo con un contratto precario (sì, avevo l’indeterminato) e non me lo sono fatto ripetere due volte;
- la mia esperienza lì doveva durare 3 mesi: ci sono rimasta 5 anni e mezzo, sempre come freelance. Nel frattempo ho trovato il mio secondo cliente (con cui ho lavorato per 6 anni) e poi il mio terzo (con cui sono stata per 7 anni). Mentre mi costruivo una carriera come consulente, ho però deciso di fare un’esperienza come stagista presso, appunto, un consulente: ci sono rimasta 5 mesi, uno in meno del previsto, ma a quel punto iniziavo a ricevere richieste di collaborazioni e scalpitavo;
- sono arrivati clienti e clienti ancora. Poi nel 2009 inizio a collaborare con una casa editrice, conosco Arianna e nel 2010 organizzo con lei il primo FashionCamp: quest’anno stiamo preparando la settima edizione e da Milano ci spostiamo a Firenze, la mia città dei cuori;
- nel 2010 prendo in affitto il mio primo ufficio che era qui, proprio dove sono adesso. Nella primavera di quell’anno conosco Nicola, che qui per tanto tempo è stato chiamato Enne, e nel novembre di quello stesso anno apriamo ART-Sharing, un esperimento di vita e di lavoro. Nel 2012 avevamo triplicato il fatturato del 2011 e nel 2013 avevamo triplicato quello del 2012. Tanta soddisfazione;
- per il mio trentesimo compleanno, nel 2011, mi regalo un blog (che è questo che stai leggendo) che diventa poi una specie di secondo lavoro;
- nel 2014 Nicola esce dalla mia vita e così fa ART-Sharing: nel giro di pochissimi mesi mi sono trovata senza un compagno e senza, di fatto, un lavoro. Ho raccolto tutte le mie energie, HO CHIESTO AIUTO e nel giro di altrettanti mesi mi sono ricostruita una professione, fatta di quel che avevo imparato con il mio lavoro ufficiale e anche con quei lavoretti accumulati negli anni.
Dal 2006 a oggi ho collaborato con una sessantina di realtà: con alcune in modo continuativo, con altre volutamente in modalità spot e con altre invece non si è poi trovato il feeling per continuare. Ho frequentato tanti corsi, ho letto tanto e mi sono sempre confrontata con chi fa il mio stesso lavoro e con chi ha più competenze di me. Credo sempre di non farlo abbastanza: Rocco dice che sono una secchiona e mi sa che ha ragione.
Nel 2012 ho iniziato (anche) a insegnare e ho capito quanto può essere nello stesso tempo frustrante e soddisfacente avere delle persone alle quali trasmettere quello che sai.
Ho imparato a essere meno istintiva e più razionale nel mio lavoro, ma non ho mai smesso di scegliere. Ho imparato a dire esattamente quello che penso, a rispettare il lavoro degli altri in quanto persone, esseri umani prima ancora che professionisti. E continuo a fare cose anche e solo per passione. Tipo questa.
Me lo assicuri che questo è solo l’inizio, vero?