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Una vita passata a passare la palla

Gennaio 4, 2017

olimpia milano

Da quando sono bambina ne ho combinate di tutti i colori, in tutti i sensi, ma soprattutto per quel che riguarda sport e attività fisica. I miei genitori, 30 e passa anni fa, non si facevano certo spaventare da orari improbabili di altrettanto improbabili corsi a cui dovermi iscrivermi. Così, ancora non facevo le elementari, era la ginnastica a farmi compagnia, poi la ginnastica artistica, poi subito dopo quella ritmica – con tanto di corso agonistico – interrotta perché a 10 anni iniziavo a essere alta come una giocatrice di basket di almeno 16.

Così vai, appunto, di basket e poi di pallavolo, senza dimenticare l’immancabile sci invernale e qualche pattinata sul ghiaccio. Intanto però vuoi non imparare a giocare a tennis (sport che, tra tutti, è quello che mi è piaciuto di più) e andare a nuotare quella volta a settimana? Prova anche a tirare con l’arco, iscriverti a qualche palestra per far girare l’economia e, dimenticando qualche altra disciplina che adesso non mi sovviene (ah beh, sì tipo pilates e yoga), avrai il quadro della mia vita sportiva dalla tenera età a oggi.

C’è da dire che, ecco, la discontinuità in questo campo della mia vita non mi è proprio mancata e se escludiamo una lunga parentesi d’amore con tennis e snowboard (da riaprire quanto prima, promesso) il resto è stato un continuo passare la palla per poi non volerla ricevere più indietro.

Come tifosa, invece, mi comporto (leggermente) meglio: quando mio fratello giocava a pallanuoto di partita non me ne perdevo una. Poi sì, è vero, mi sono persa via io e la pallanuoto la guardo ormai in TV solo quando ci sono le Olimpiadi. L’anno scorso, in maggio, ho conosciuto Niccolò che, invece – almeno da questo punto di vista – è il mio opposto. E così, al posto di fare come sempre, ossia di tirare verso la mia parte di campo chi mi sta di fronte, sono stata io ad andare a vedere com’è la prospettiva dall’altro lato. Farlo è stato semplice: ho preso due biglietti per i play off del Campionato di Serie A di basket e sono andata, prima volta in vita, a vedere una partita di una squadra ‘famosa’, l’Olimpia.

Mi sono presentata (devo ammettere non di mia sponte) di rosso vestita come le regole non scritte prevedevano. Mi sono seduta e sono rimasta qualche minuto a osservare le migliaia di persone, di rosso vestire pure loro (probabilmente di loro sponte) che si preparavano a vivere uno tra i più importanti match dell’anno della loro squadra del cuore. I nomi dei giocatori li conoscevo anche (collaboro con uno degli sponsor della squadra), uno mi piaceva pure troppo (ciao Bruno!), ma a parte questo il buio completo. Non ho esultato, ho poco applaudito e ho timidamente (sì, vabbè) chiesto come funzionassero alcune cose (sì, è vero: ho giocato a basket ma sono passati 20 anni da allora) e poi ciao, tutti a casa. Solo che poi, la settimana dopo, ci sono voluta tornare ancora. E in settembre sono andata a vedere la finale di Supercoppa e poi, da allora, sono stata ad Assago per un paio di partite di Campionato e per una di EuroLega. E il 25 di questo mese torno – con anche i miei genitori – per questo match.

I nomi dei giocatori ormai li so (alcuni li storpio ancora, ma sto migliorando) e non solo perché hanno un profilo Instagram di tutto rispetto. Qualche volta urlo, so quando applaudire e quando no, ho le mie preferenze e anche i miei grandi no. Ad Assago, quando sono in fila per il bagno, non parlo di basket da vera esperta come fanno alcune mie simili e quando una partita mi è capitato di guardarla da sola dagli spalti sono stata quasi sempre composta, senza atteggiarmi.

Non so se tutte queste cose fanno di me una vera tifosa, o forse solo una wannabe. Però quando penso che andrò lì, che mi berrò la mia bella birretta nel bicchiere di plastica e aspetterò la fine della partita per una cena ignorante, quando so che vedrò un canestro dopo l’altro o forse no e per questo mi intesirò, beh sono felice. Ho uno strano rapporto con lo sport, fatto o vissuto da spettatrice, ed è un rapporto basato sulla presenza di qualcuno vicino a me. È sempre stato così: quando andavo a lezione di tennis lo facevo con delle amiche. Quando tre anni fa ho iniziato pilates ci ho poi trascinato anche Sara. Domenica scorsa sono tornata a pattinare dopo 20 anni e se fossi stata da sola mai l’avrei fatto.

Io non sono evidentemente legata allo sport, ma capita che, delle volte, lo sport leghi qualcuno a me. O viceversa.

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Categoria: Off topic, Ultime Notizie

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Vivo a Milano dove lavoro per migliorare e ottimizzare la comunicazione digitale dei miei clienti. Mi piace scrivere, cenare fuori ed essere felice.

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